HomeIl Perché RubricheBiografie & PersonalitàChi ha ucciso Massimo Troisi? di Luca Rossi

Chi ha ucciso Massimo Troisi? di Luca Rossi

Dobbiamo ricominciare, ma non dobbiamo ricominciare da zero, possiamo ricominciare da Massimo Troisi.

Gli anni Novanta sono anni maledetti per l’Italia, i suoi figli migliori se ne vanno, lasciandoci in questi anni di confusione e di euforia, dove le cose accadono con una logica impossibile da decifrare, e ad una tale velocità che molti italiani concludono con una certa fretta che non vi sia logica alcuna. In quegli anni se ne va anche un grande attore, Massimo Troisi, l’incarnazione di un tipo di italiano originale e divertente, un comico silenzioso e malinconico, timido e geniale, un uomo che era riuscito a rendere comico persino il suo silenzio. Non possiamo immaginarci Troisi dentro la stupidità del tempo presente, i suoi tempi comici avevano bisogno di pause intelligenti, nel senso che invogliavano educatamente l’intelligenza dello spettatore a cogliere la risata, non cercavano di strappargliela con la forza e la malizia. La sua comicità non era mai gratuita e volgare, come quella che ci tocca subire oggi da tutti i canali, ma nasceva sempre da un’emozione, ed evolvendosi in molteplici direzioni e possibilità, alcune realizzandole e altre lasciandole svanire come in un sogno, era anche all’origine di quella malinconia che era inseparabile dal suo personaggio.

Non conosciamo la cartella clinica di Massimo Troisi e non abbiamo interesse a conoscerla, ma l’attenzione morbosa con cui la sua malattia è stata trattata dopo la sua morte, oscurandone in qualche modo la vita e la carriera di attore e di regista, ci fa credere che egli appartenga a quella illustre schiera di italiani che furono fatti morire due volte, nella vita e nella memoria. Ma chi aveva interesse ad uccidere Massimo Troisi? Chi aveva paura di questo comico malinconico? Se si analizza il suo cinema, iniziando dal personaggio del suo film d’esordio come regista, Ricomincio da tre, si trova una chiara e decisa intenzione: la volontà di ribaltare alcuni stereotipi sull’uomo meridionale. Gaetano ha famiglia, lavoro ed amici a Napoli e la sua fuga dalla sua città è desiderio di vita e di conoscenza. Perché, domanda Massimo Troisi, un giovane napoletano che lascia la sua città deve essere per forza un disperato in cerca di lavoro, un uomo che emigra, che cancella il suo passato di miseria e ricomincia da zero in una città del Nord Italia o in America? Invece se lo fa un milanese, un inglese o un tedesco è per spirito d’avventura? Qual è la colpa dei napoletani? Forse appunto quella di non essere inglesi o americani? Ma che colpa è questa? Quando hanno lasciato in pace il napoletano, discendente da una delle più antiche colonie greche in Italia, è stato forse il popolo più forte e generoso che sia mai esistito, il più italiano. I romani lo lasciarono libero di mantenere i suoi usi e costumi, la sua lingua, la sua identità profonda, e anche i bizantini, i normanni, gli svevi, gli spagnoli, i francesi dovettero accorgersi che c’era qualcosa di grande nel napoletano, che poteva mischiarsi con tutto e rimanere intatto. Come il mare che lo benedice ogni mattina, non ci poteva essere monnezza sufficiente a mutarne la natura e il movimento, il napoletano avrebbe cancellato ogni schifezza nella bellezza del suo mare.

Massimo Troisi aveva compreso bene questa forza e con il suo cinema l’aveva svegliata da un torpore che minacciava di consegnarla all’oblio, e l’aveva come rimessa in moto perché agisse di nuovo sulle coscienze dei napoletani. Ciò che infatti il passaggio di innumerevoli popoli conquistatori non era riuscito a fare, e cioè cancellarne l’identità e la tradizione, l’ultimo conquistatore, che dopo aver sganciato le bombe dal cielo e violentato le donne per le strade, si era autoproclamato liberatore, stava realizzando attraverso una strategia tanto occulta quanto crudele. Per comprendere chi abbia ucciso Massimo Troisi, dobbiamo risalire all’unità d’Italia, e chiederci perché essa abbia significato la rovina della nostra parte meridionale, la repressione e la falsificazione della sua natura, per mezzo di una propaganda abietta e disgustosa. Fino a quando non ci sentiremo tutti meridionali, e avremo il coraggio di distinguere con verità i martiri dai traditori, gli eroi dai filibustieri, il sangue che è la vita di una nazione dal veleno che la uccide, e invece di sentirci superiori perché così ci hanno fatto credere i vincitori, inizieremo a capire che non siamo né migliori né peggiori, ma tutti italiani, fratelli di quel popolo vinto, che ha avuto però l’intelligenza di capire fin da subito chi era il nemico e il coraggio di combatterlo. La sua disfatta è stata anche la nostra sconfitta, lo capiamo bene adesso, che il nemico ha gettato la maschera, quanto ci siamo ingannati sul conto dei vincitori e dei meridionali.

Abbiamo disprezzato i nostri fratelli e prestato fede a degli assassini. Ora non esiste italiano, in qualunque regione egli sia nato, che non debba ritornare a casa. Dobbiamo tutti ricominciare. Gaetano, nel finale di Ricomincio da tre, quando viene a conoscenza che la sua compagna, una donna femminista dalle idee tanto aperte quanto confuse, aspetta un bambino, ma non sa se sia il suo o di un altro uomo con cui la donna ha fatto l’amore, cade in uno stato di depressione. Quando però la donna inizia a fantasticare sul nome da dare al bambino, ecco riemergere in Gaetano quel desiderio di vita e di conoscenza che lo aveva spinto a lasciare la sua città. Massimiliano no, lo chiamiamo Ugo, anzi no Ciro, il bambino, perché così cresce bene educato e non scostumato come quelli che portano un nome troppo lungo, e la loro madre non fa in tempo a chiamarli, prima che loro ne abbiamo già combinate di tutti i colori. E così finisce il film, lasciando lo spettatore con l’immagine e il sentimento della famiglia nel cuore, quel sentimento ancora così forte in Italia, malgrado si sia fatto di tutto per farlo morire. Da questo finale dobbiamo ripartire. Dobbiamo ricominciare, ma non dobbiamo ricominciare da zero, possiamo ricominciare da Massimo Troisi.

Luca Rossi il 12 Ottobre 2023

RELATED ARTICLES

Most Popular

Recent Comments