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Il mistero della Santissima Trinità nel pensiero di San Tommaso d’Aquino

Quando tutto questo, amava dire Tommaso, non è alcunché davanti all’immensità ed alla grandezza di Dio che supera ogni umana comprensione di Daniele Trabucco

I dogmi fondamentali del cristianesimo, come la Santissima Trinità, l’Incarnazione del Verbo, la creazione, sono articoli di fede e, come tali, non sono oggetto di un trattamento dimostrativo. Tuttavia, san Tommaso d’Aquino (1225-1274), con la sua consueta eleganza e lucidità dialettica, ci aiuta a fare chiarezza, sebbene nella consapevolezza della insondabilità dei misteri.

Per quanto concerne la Trinità, la difficoltà è quella di intendere in quale modo l’unità della sostanza divina si concili con la trinità delle Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il concetto del quale il Dottor Angelico si serve per mostrare la conciliazione è quello di relazione. La relazione, da un lato, costituisce le Persone divine nella loro distinzione, dall’altro si identifica con la sola ed unica essenza divina. Le Persone divine, infatti, prosegue Tommaso, sono costituite dalle loro relazioni di origine (intesa non in senso di un inizio temporale): il Padre dalla paternità, cioè dalla relazione con il Figlio; il Figlio dalla generazione o filiazione, ovvero dal rapporto con il Padre; lo Spirito Santo dall’amore tra il Padre ed il Figlio.

Ora, in Dio, che è l’Essere per essenza, queste relazioni non sono accidentali, dal momento che in Dio nulla vi può essere di accidentale, ma reali, cioè sussistono realmente nell’essenza divina. Essa, dunque, pur essendo unica, implicando le relazioni, implica la diversità delle Persone. Ecco perché l’Angelico, in I Sent. 25, q. 2, a. 1, dice che «Persona significa sussistente distinto nella natura divina». Nello specifico, il Padre non procede da alcuno, tutto ciò che è, lo è da Sé, è Principio senza Principio come ha precisato il Concilio Fiorentino contro i Giacobiti. Il Figlio, invece, procede dal Padre da tutta l’eternità. La generazione del Figlio dal Padre si dice che avviene per via di intelletto, con un atto di conoscenza. Questo atto di intelletto nel conoscere Sé stesso da parte del Padre non è un atto che passa come nella conoscenza che ha l’uomo, ma resta in Dio e costituisce la Seconda Persona. La processione del Figlio dal Padre non è, allora, transuente, non implica una rapporto causa-effetto come nelle creature dove il figlio proviene dal padre ma non resta nel padre, bensì è immanente, cioè resta in chi compie l’azione.

Ora, poiché Dio Padre ha iniziato a conoscere Sé stesso ab aeterno, da sempre, questo significa che proprio in virtù del fatto che il Padre è, anche il Figlio è. Non c’è alcuna posteriorità.

Il Figlio, dunque, ha la stessa natura divina, per cui è una cosa sola con il Padre, quantunque distinto per la Persona. Lo Spirito Santo, invece, procede dal Padre e dal Figlio per spirazione: non da due spirazioni,  ma da un’unica spirazione, cioè da un solo principio (così il Concilio di Lione del 1274). Detto diversamente, lo Spirito santo procede senza essere generato. Come il Padre ama da sempre il Figlio ed il Figlio ama da sempre il Padre, così questo unico amore (eterno) che procede dal Padre e dal Figlio è lo Spirito Santo.

A questo punto potrebbe sorgere un’obiezione: dal momento che l’intelligenza divina è lo stesso Essere divino, perché il Figlio e lo Spirito Santo, con l’intendere, non generano un’altra Persona? La risposta risiede nel fatto che le Persone divine non differiscono tra di loro per il modo di intendere (altrimenti vi sarebbe un’imperfezione nella Trinità), ma per il modo di possedere l’intelligenza. Eppure tutto questo, amava dire Tommaso, non è alcunché davanti all’immensità ed alla grandezza di Dio che supera ogni umana comprensione.

Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 26 Maggio 2024

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