Quanto é attuale la riflessione aristotelica di fronte alla mediocritá della classe politica italiana ed europea! La “scienza politica” non é l’arte di conquistare il potere e conservarlo, ma quella di stabilire che cosa si deve o non si deve fare per conseguire il bene comune.
La separazione tra sfera etica e politica é una caratteristica tipica del pensiero moderno. É con Niccoló Machiavelli (1469–1527) che la politica si rende autonoma ed indipendente dalla sfera etica la quale viene relegata alla dimensione intima, privata e dove il potere non puó intervenire.
Viceversa, anche l’etica non puó in alcun modo interferire nella politica, condizionando l’esercizio del potere. Questa concezione, che nel corso del tempo subirá modifiche e correzioni, giunge nella sua struttura di fondo fino ai nostri giorni sebbene, grazie al progresso scientifico, la politica sia arrivata a dettare una disciplina legislativa su questioni etiche fondamentali (l’aborto, l’eutanasia, il cambio di sesso, le unioni civili, il matrimonio tra persone del medesimo sesso etc.) sia pure lasciando (almeno per ora) un margine di scelta in capo alle parti interessate.
Nel pensiero di Aristotele (384 a.C.–322 a.C.), invece, se da un lato etica e politica sono due concetti distinti cui sono dedicate tre grandi opere quali l’ “Etica a Nicomaco”, l’ “Etica ad Eudemo” e la “Politica”, dall’altro, diversamente dal pensiero filosofico moderno, non sono mai separati e contrapposti in quanto due parti della stessa scienza chiamata “filosofia pratica” (cosí Enrico Berti), a volte denominata anche “scienza politica”.
Se, spiega il “Maestro di color che sanno” nelle opere etiche, l’agire della persona umana tende sempre ad un fine che é un bene (ci sono beni strumentali e beni di per se stessi) e se questo bene é parte integrante del bene della cittá dal momento che il singolo ne é componente, allora il bene cui tendono tutti i cittadini della “polis”, il bene comune, non sará mai contrario al bene del singolo in ragione del fatto che quest’ultimo é parte del bene della cittá.
Ecco, allora, che la “scienza politica” non é l’arte di conquistare il potere e conservarlo, ma quella di stabilire che cosa si deve o non si deve fare per conseguire il bene comune.
Questo non é oggetto di rappresentanza politica (Castellano) e non é neppure la somma aritmetica dei beni individuali. Esso, allora, si presenta come l’insieme delle condizioni che permettono sia alla collettivitá, sia ai singoli di raggiungere la propria perfezione, di realizzare compiutamente il proprio essere. Quanto é attuale la riflessione aristotelica di fronte alla mediocritá della classe politica italiana ed europea!
Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 07 Maggio 2024