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San Remo è “finito” di Luca Rossi

Avremo forse bisogno di un po’ di silenzio?

La musica ha un potere di influenza enorme, e una civiltà crea la musica che ne rispecchia il carattere fondamentale. La musica spartana era una marcia militare che doveva incitare i guerrieri alla battaglia. La musica del resto della Grecia era più varia e melodica, e si divideva in quella magica e incantatoria dell’aulos, strumento a fiato simile al flauto, sacro al dio Dioniso, dio del vino e dell’ebbrezza, e in quella più razionale, suonata con la lira, sacra al dio Apollo, dio della bellezza e dell’armonia. Si narra che la dea Atena, dea della sapienza, avesse preferito la lira all’aulos, perchè suonare quest’ultimo le contorceva il viso. La civiltà romana ereditò dai greci la concezione che la musica rifletteva la regolarità del cosmo, ma stranamente, pur essendo una civiltà militare e razionale, preferì la tibia (strumento derivato dall’aulos greco) ad ogni altro strumento. Forse l’uomo romano cercava nella musica un’attività compensatoria alle fatiche della guerra e non, come fu per l’uomo spartano, uno stimolo al coraggio del guerriero. 

Gli strumenti più usati dai musicisti ebrei furono il kinnor (strumento a dieci corde pizzicate), l’ugab (zampogna) e lo sciofar (corno di capra, usato ancora oggi nelle sinagoghe). Questi strumenti ci parlano di una civilta’ di semplici pastori. La raccolta dei Salmi, nella Bibbia, è un insieme di canti che venivano accompagnati da strumenti e danze, tramite i quali il popolo di Dio esprimeva in maniera corale i propri sentimenti di giubilo o tristezza. Il Re Davide, che compose molti di questi salmi, era un abile arpista. Il Re Salomone organizzò personalmente il servizio dei cantori nel tempio di Gerusalemme. L’esecuzione dei salmi era solitamente guidata da un cantore solista, a cui l’assemblea di fedeli rispondeva con la ripetizione di formule fisse. L’alternanza tra un solista e l’assemblea di fedeli si trova anche nella Chiesa cristiana delle origini, e prende il nome di salmodia responsoriale. Il solista, ad esempio, cantava: L’iniquità parla all’empio nell’intimo del suo cuore. E i fedeli rispondevano in coro: non c’è timor di Dio davanti ai suoi occhi. I salmi sono suddivisibili in due semiversi, proprio in funzione del fatto di poter essere cantati in alternanza. Uno degli stili più importanti della musica cristiana del I millennio d.c, il Canto Gregoriano, vede nella lettura e intonazione dei Salmi un aspetto centrale nel culto del Signore.

La canzone italiana, una volta elegante e bellissima, si è ridotta ad essere vituperata e torturata ogni anno, nel mese di febbraio, sul palco dell’Ariston, nella città ligure di Sanremo. Il Festival che si celebra in questa città, e che una volta era il fiore all’occhiello della comunità musicale della penisola, è diventato uno specchio deformante della società italiana. Il suo obiettivo non è più premiare la canzone più bella, ma corrompere le menti e le coscienze degli italiani, attraverso la musica e l’intrattenimento. Anche il Festival di Sanremo, come quasi tutto in questi due anni, ha subito un peggioramento radicale. Non che prima fosse un piacere guardarlo, ma almeno si percepiva un senso del limite e della decenza. Il Festival degli ultimi due anni, l’ultimo soprattutto, è andato ben oltre questo limite. Questo significa molto probabilmente, in termini di civiltà, che siamo alla fine. Ma non spaventatevi. La fine di un qualcosa, significa un nuovo inizio. E il mio consiglio è di iniziare con un cantante napoletano, Sergio Bruni, la cui voce e interpretazione sono tra le più classiche ed autentiche della canzone italiana. Andate ad ascoltarvi Fenesta Vascia, ‘O Marenariello, Te Voglio Bene Assaje. Sono canzoni antiche, la prima risale addirittura all’epoca del Rinascimento, mentre le altre due sono state composte nel XIX secolo. I testi e le melodie sono semplici, ma toccano l’anima dell’ascoltatore, perché sono state scritte e cantate per esprimere un sentimento sincero e diretto, nascono dal cuore e sono per il cuore. Come il ritornello della canzone Te Voglio Bene Assaje che ripete: Io te voglio bene assaie E tu nun pienze a me Io te voglio bene assaie E tu nun pienze a me. Èil classico tema dell’amore non corrisposto, che i cantanti di oggi si guardano bene dall’affrontare, per paura di passare per degli sfigati, o se l’affrontano lo fanno in un modo così patetico e rancoroso, che torturano il cuore invece di curarne le ferite. La musica di oggi è, in fatti, una tortura alle orecchie e al cuore, e milioni di ascoltatori, giovani e meno giovani, si sottopongono quotidianamente a questa tortura, per conformismo. Alcuni anni fa, conobbi un uomo che si era rovinato l’udito durante un’esercitazione con le armi, e sentiva una specie di ronzio da un orecchio, ma sopportabile per la maggior parte del tempo. Quest’uomo ascoltava hard rock, perché era la musica che, un ex militare e palestrato come lui, doveva ascoltare, ma nei periodi in cui il ronzio all’orecchio aumentava e diventava più doloroso, si chiudeva in camera, e ascoltava canti gregoriani.

Questa musica infernale che ci viene imposta da decenni, e che negli ultimi anni ha aumentato il suo volume, la sua insensatezza e la sua disarmonia, e ha annullato ogni autentico rapporto con l’anima, questo costante attacco alla melodia e al buon gusto, questa cacofonia universale, un domani finirà. Nessuno si ricorderà di questi cantanti, prefabbricati dall’industria musicale, che ora vengono osannati. E ritorneremo dai Claudio Villa, dai Domenico Modugno, dai Sergio Bruni, come si ritorna a casa. Avremo forse bisogno di un po’ di silenzio, ma poi una voce e una chitarra inizieranno a cantare. Só’ lacreme d’ammore e non è acqua.

Recensione del 30 Maggio 2023

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